MY STOLEN PLANET (SAYYAREYE DOZDIDE SHODEYE MAN)
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Regista: فرحناز شریفی
06-03-2025
Farah, nata durante la rivoluzione islamica in Iran nel 1979, all’età di sette anni si rende conto di vivere su due pianeti: quello degli Ayatollah e un altro, nascosto, dove osa essere sé stessa. Quando acquista una cinepresa il suo mondo cresce, nutrito dalla danza e dalla gioia. A ciò aggiunge gli archivi di filmati in 8mm lasciati da altre famiglie in esilio, creando così un’altra storia, che consegna al mondo, del suo paese. Nel "pianeta privato" di Sharifi le donne iraniane sono libere di essere se stesse e il banale diventa bello. Vengono ripresi momenti di passaggio, intimi, che ritraggono un aspetto opposto e più tranquillo della resistenza, ma anche i coraggiosi atti di protesta nelle strade. Dall'altro lato, il mondo esterno è sempre documentato, con i telefoni cellulari puntati in faccia e gli occhi digitali che osservano in continuazione. Attraverso la voce fuori campo, la regista mette in discussione il suo impulso a filmare tutto. Ma "filmare o non filmare" non è mai la domanda. Il cinema è testimone di tragedie e ingiustizie, e il cinema documentario è quindi anche infinitamente vitale.
Regista: فرحناز شریفی
06-03-2025
Farah, nata durante la rivoluzione islamica in Iran nel 1979, all’età di sette anni si rende conto di vivere su due pianeti: quello degli Ayatollah e un altro, nascosto, dove osa essere sé stessa. Quando acquista una cinepresa il suo mondo cresce, nutrito dalla danza e dalla gioia. A ciò aggiunge gli archivi di filmati in 8mm lasciati da altre famiglie in esilio, creando così un’altra storia, che consegna al mondo, del suo paese. Nel "pianeta privato" di Sharifi le donne iraniane sono libere di essere se stesse e il banale diventa bello. Vengono ripresi momenti di passaggio, intimi, che ritraggono un aspetto opposto e più tranquillo della resistenza, ma anche i coraggiosi atti di protesta nelle strade. Dall'altro lato, il mondo esterno è sempre documentato, con i telefoni cellulari puntati in faccia e gli occhi digitali che osservano in continuazione. Attraverso la voce fuori campo, la regista mette in discussione il suo impulso a filmare tutto. Ma "filmare o non filmare" non è mai la domanda. Il cinema è testimone di tragedie e ingiustizie, e il cinema documentario è quindi anche infinitamente vitale.